È stato risarcito con 12.762 euro dal ministero della Giustizia l'agente di polizia penitenziaria che, all'epoca in cui prestava servizio nel carcere di Vercelli, era stato sottoposto ad accertamenti di carattere psicologico con domande attinenti al suo orientamento sessuale e in particolare a una presunta omosessualità. L'iniziativa arriva dopo la sentenza di condanna del dicastero pronunciata dal Tar del Piemonte e passata in giudicato nelle scorse settimane.
L'agente in servizio presso la Casa Circondariale di Vercelli aveva dovuto rispondere in tale sede prima a una serie di domande manifestatamene "ambigue" circa il suo orientamento sessuale, poi aveva subito un procedimento disciplinare, totalmente archiviato, ed era stato addirittura inviato per accertamenti sulla personalità presso la Commissione Medica Ospedaliera di Milano.
L'uomo si è quindi rivolto al sindacato Osapp (Organizzazione Sindacale Autonoma Polizia Penitenziaria) denunciando anche lo stato di isolamento subito per mesi nella sede penitenziaria di Vercelli, soprattutto durante i pasti nei locali della mensa di servizio e il continuo ricevere insulti, come "frocio". Per tali motivi si era reso necessario fornirgli assistenza legale e morale, ma stando a quanto riferito dallo stesso sindacato, ben oltre il risarcimento ricevuto, permane la gravità di accuse "ingiuste, anacronistiche e degne di un clima da Santa inquisizione".