Su Venere ci sono vulcani che eruttano. Sul pianeta gemello della Terra, che a causa di un'atmosfera molto densa è quasi impossibile da studiare, sono state osservate per la prima volta recenti tracce di colate laviche. A scoprire i segni di queste eruzioni è stato uno studio tutto italiano, guidato dall'Università d'Annunzio di Pescara e pubblicato sulla rivista Nature Astronomy.
La ricerca dimostra come Venere sia ancora attivo e aiuterà a pianificare le future missioni spaziali, come Veritas della Nasa e Envision dell'Agenzia spaziale europea a cui partecipa anche l'Agenzia spaziale italiana.
"Si avevano indizi su una possibile attività su Venere e ora ne abbiamo la certezza", ha detto Giuseppe Mitri dell'Università d'Annunzio.
"Grazie al rinnovato interesse, in vista di future missioni, e ai grandi miglioramenti tecnologici di elaborazione dei dati abbiamo potuto mettere a confronto le immagini ottenute tra i due periodi scoprendo la presenza in due regioni di alcune colate laviche avvenute in quell'intervallo di tempo", ha spiegato Davide Sulcanese dell'Università d'Annunzio.
Si tratta della prova più limpida di attività del pianeta, che si aggiunge alla scoperta fatta circa un anno fa di deformazioni in un cratere, segno di una probabile eruzione.
Le caratteristiche di Venere Venere è una sorta gemello infernale della Terra, poiché nonostante abbia massa e dimensioni quasi identiche al nostro pianeta ha però un'atmosfera talmente densa da avere in superficie temperature di oltre 400 gradi e una pressione che arriva a 90 atmosfere. Proprio la sua densa atmosfera rende molto difficile studiare la superficie di Venere, gli strumenti difficilmente resistono a tali condizioni e gran parte delle analisi sono possibili solo usando i radar, come nel caso della missione Magellan della Nasa che tra il 1990 e il 1994 ha mappato il pianeta con un radar. Venere possiede molti vulcani, ancora più che la Terra.
Perché è importante studiarlo? "Studiando Venere possiamo comprendere anche molto del nostro pianeta, perché ci aiuta ad esempio a capire come mai nonostante i due pianeti siano così simili e si siano formati nello stesso ambiente hanno poi avuto un'evoluzione così diversa", ha aggiunto Mitri. Studi che aiuteranno anche allo sviluppo dei nuovi strumenti che saranno a bordo di Veritas della Nasa e Envision dell'Agenzia spaziale europea e che avranno entrambi importanti contributi italiani.