"Sono tutti morti. Mi sono salvato perché ho finto di esserlo anche io". È quanto avrebbe detto, come riporta il Corriere della Sera, il 14enne sopravvissuto alla strage della sua famiglia a Nuoro dopo aver aperto la porta ai carabinieri giunti nell'appartamento in seguito all'allarme lanciato dai vicini. Il giovane, il quale ha anche raccontato che "a casa urlavano tutti", è ricoverato nel reparto di Otorinolaringoiatria dell'ospedale San Francesco di Nuoro, dopo un intervento per la rimozione di alcune schegge dalla mandibola. Oggi, venerdì 27 settembre, il 14enne sarà sentito dagli inquirenti in modalità protetta, con il supporto di uno psicologo infantile e di un tutore, l'avvocato Antonio Cualbu, già nominato dalla Procura.
La strage rimane ancora senza un movente. E le parole del ragazzo superstite potrebbero aiutare a dipanare una matassa giudiziaria che attualmente si presenta impenetrabile. Gli investigatori scavano nel passato della famiglia. Nessuno tra parenti, amici e vicini di casa della coppia, interrogati dagli uomini della polizia di Stato e dai carabinieri, ha raccontato di dissidi familiari e hanno descritto Roberto Gleboni come un uomo gentile. Né ci sono state denunce o segnalazioni a suo carico.
Nel racconto dei conoscenti della famiglia però, emergono le prime crepe: "Abbiamo saputo che Gleboni aveva problemi nel condominio, ha avuto reazioni sproporzionate per cose banali e faceva dei dispetti sui contenitori della raccolta differenziata. Era strano, ma quante persone strane ci sono nel mondo?", racconta un vicino. Le mamme dei compagni di classe della vittima più piccola della strage, Francesco, 10 anni, non avevano rapporti con i genitori del bambino: "Erano persone riservate e del resto i panni sporchi si lavano a casa", taglia corto una di loro. E difficili sarebbero stati anche i rapporti con la famiglia di origine di Giusi Massetti, con cui ci sarebbe stata più di una tensione.
La lite dopo il turno di notte Sempre stando al Corriere, che cita la ricostruzione degli investigatori, tra Gleboni e Massetti sarebbe scoppiata una lite alle 6:30 del mattino: l'uomo era appena tornato a casa dopo un turno di notte e si era sdraiato a letto accanto alla moglie. Poi la strage. I cinque corpi delle vittime sono all'ospedale Brotzu di Cagliari, dove sabato saranno esaminati dal medico legale Roberto Demontis. Salme che potrebbero raccontare molto della dinamica della tragedia.
Le indagini - coordinate dai pm Riccardo Belfiori e Sara Piccicuto - proseguono senza sosta. Molte speranze di venire a capo del movente vengono poste negli accertamenti tecnici su telefonini e computer delle vittime e dell'omicida-suicida. Così come importanti saranno gli esiti degli accertamenti patrimoniali, già avviati dagli investigatori.
E mentre il dolore e lo sgomento si diffonde a Nuoro e in tutta la Barbagia, si prova a reagire. La preside della scuola frequentata da Francesco, Graziella Monni, è impegnata nel supporto ai bambini per l'elaborazione del lutto: "Sgomenti, con il cuore a pezzi. Francesco, amore nostro", ha scritto la dirigente su Facebook. Mentre i compagni della piccola vittima hanno depositato letterine e appoggiato un mazzo di fiori sul banco del compagno della Quinta B.
Il Comune di Nuoro, sabato alle 19, ha organizzato una fiaccolata "per esprimere solidarietà e vicinanza alla famiglia colpita dal tragico evento". Si parte dalla casa di via Ichnusa fino ad arrivare in piazza Santa Maria della Neve davanti alla Cattedrale.
Il fratello di Gleboni: "Ero uscito presto, mi avrebbe ucciso" Il fratello di Gleboni, Antonio, si considera un sopravvissuto, come riporta L'Unione Sarda: la mattina della strage era uscito presto dalla casa in cui poi il 52enne ha provato ad ammazzare anche la madre. "Avrebbe ucciso anche me", avrebbe detto l'uomo.