Inchiesta Liguria, Toti ai pm: "Ogni euro è stato destinato alla politica"
24/05/2024

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Inchiesta Liguria, Toti ai pm: "Ogni euro è stato destinato alla politica"

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Oltre otto ore è durato l'interrogatorio di Giovanni Toti, nella caserma della Guardia di finanza di Molo Giano, nel porto di Genova. Il governatore, ai domiciliari con l'accusa di corruzione e falso, ha risposto a tutte le 180 domande dei pubblici ministeri Federico Manotti e Luca Monteverde, titolari dell'inchiesta sulla corruzione in porto. Con loro anche il procuratore aggiunto Vittorio Ranieri Miniati. Il presidente della Regione Liguria ha depositato una memoria di 17 pagine: "Ogni euro incassato ha avuto una destinazione politica: nessun contributo ha prodotto arricchimento o utilità personale a me, agli altri appartenenti al mio partito o a terzi privati".

"Ferma volontà di collaborare a ricostruzione della verità" "Non è mia intenzione sottrarmi al Vostro esame, ma oggi, così come in futuro, vi è da parte mia - si legge nella memoria difensiva - la ferma volontà di collaborare, con trasparenza ed onestà, alla ricostruzione della Verità nel supremo interesse della Giustizia, per restituire alla mia figura di uomo e di servitore dello Stato la Dignità che ho costantemente cercato di preservare".

"Ogni dazione di denaro - ha spiegato Toti - è stata accreditata con metodi tracciabili e rendicontata. Del pari tutte le spese sostenute sono state rendicontate e pubblicizzate in termini di legge e anche oltre. I bilanci e i rendiconti sono stati (e sono ancora) pubblicati sui siti internet delle organizzazioni politiche a mio sostegno".

Nell'ordinanza di custodia cautelare "così come nell'intero impianto accusatorio si analizza solo una limitatissima parte dei rapporti tra amministrazione, presidente, e mondo del lavoro e delle imprese. E di tale limitatissima parte si fa paradigma per tutto il resto", ha scritto Toti nella memoria consegnata ai pubblici ministeri durante l'interrogatorio. "Al contrario, l'atteggiamento e l'animus dei rapporti e dei contesti analizzati dovrebbe invece essere esaminato e interpretato alla luce della generalità e molteplicità dei rapporti di un lunghissimo periodo".

Toti: "Voto dei riesini non alterò gli equilibri democratici" Per quanto riguarda il voto di scambio, scrive ancora Toti nella memoria, "è da evidenziare che vinsi le elezioni con circa 380mila voti. Il sostegno della Comunità riesina si sostanzia, nelle indagini, con una certa approssimazione, di 400 voti, giusto per proporzione e per capire che l'apporto non è tale da turbare l'equilibrio democratico del voto, per altro particolarmente irrilevanti nel caso del candidato, Ilaria Cavo, a cui viene attribuito il mio appoggio".

I fratelli Testa (Arturo e Maurizio Testa, anche loro indagati) "venivano presentati come attivisti politici con incarichi in Regione Lombardia da due onorevoli - spiega Toti -. Nel loro curriculum vi erano incarichi politici legati alla giunta regionale lombarda. Entrambi gli onorevoli (Sorte e Benigni) ne garantivano le qualità personali". "Gli stessi - prosegue Toti - sui social (e credo formalmente) erano rappresentanti ufficiali della Comunità riesina nel mondo: il fatto di essere riesini e loro rappresentanti non può equivalere ad essere considerati come persone di malaffare. Analoga attenzione a gruppi organizzati rappresentanti cittadini di comune estrazione (lucani, calabresi nel mondo) è prestata dalla politica di ogni colore al fine di raccoglierne il consenso".

Tra le domande anche quelle sui presunti favori a Aldo Spinelli per il rinnovo della concessione a 30 anni per il Terminal Rinfuse e l'interessamento per destinare una parte della spiaggia pubblica di Punta Olmo, a Celle Ligure, a uso privato per i 42 appartamenti preventivati dalla famiglia Spinelli. Altre domande hanno riguardato i finanziamenti ricevuti non solo da Spinelli e Francesco Moncada (ex consigliere del consiglio di amministrazione di Esselunga, indagato per corruzione anche lui), ma anche dal re delle discariche Pietro Colucci e da altri imprenditori.

"Telefoni fuori da yacht? Spinelli temeva spie" Quanto ai telefoni lasciati fuori dalla imbarcazione, nelle foto non si vede il mio telefono. Telefono che per altro era con me in molte occasioni anche sulla barca e a dispetto dell'atteggiamento altrui, visto che volevo essere sempre reperibile. D'altra parte nel caso di Punta dell'Olmo, o, della prima chiamata a Signorini per informazioni sulla calendarizzazione del Terminal rinfuse, appare evidente che avessi con me il cellulare visto che chiama dalla stanza dove si trova con gli Spinelli", spiega il presidente della Regione Liguria. "È possibile che in rare situazioni Spinelli - continua - abbia chiesto di lasciare il cellulare perché, come si è poi saputo, temeva di essere spiato da concorrenti a cui evidentemente non voleva far conoscere il suoi piani di impresa che discuteva con le istituzioni".

Ora Toti, che ha sempre dichiarato di non aver commesso reati, è intenzionato a chiedere al giudice per le indagini preliminari la revoca della misura cautelare. Uno snodo fondamentale di questa vicenda, soprattutto perché, se il gip dovesse accettare e lo rimettesse in libertà, si potrà confrontare con la sua maggioranza e con i suoi collaboratori e decidere se dimettersi o meno dalla carica di governatore. Per capire se Toti verrà rimesso in libertà servirà almeno ancora una settimana.
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