Era pienamente capace di intendere e di volere Alessandro Impagnatiello quando, il 27 maggio 2023, uccise con 37 coltellate la fidanzata incinta di sette mesi Giulia Tramontano, 29 anni, nella loro casa a Senago, nel Milanese. Lo hanno stabilito lo psichiatra forense Pietro Ciliberti e il medico legale Gabriele Rocca, gli esperti incaricati dalla Corte d'assise di Milano di eseguire la perizia psichiatrica sull'ex barman. La difesa sosteneva che era affetto da un disturbo della personalità di tipo "paranoide". In uno dei colloqui con i periti, il 31enne ha dichiarato di aver ucciso la compagna "perché ho visto tutto finito". E ancora, sul suo tentativo di bruciare il corpo: "Tentai poi di cancellare tutto, come se far sparire una persona fosse come buttare una caramella. Cercavo di eliminare ogni traccia di Giulia, cercai di eliminare Giulia dando fuoco (...) Ora è tutto chiaro, tutto insensato quella che avevo intenzione di fare. Non era come buttare una caramella, non si può (...) polverizzare un corpo". Il cadavere della giovane venne trovato quattro giorni dopo l'omicidio in un'intercapedine vicino a un box.
"Vivevo mascherato, voglio studiare psicologia" Impagnatiello viveva in modo "mascherato, mi viene da dire, veramente mascherato". Sono le parole usate dall'imputato durante i tre colloqui clinici in carcere tenuti fra luglio e settembre 2024 con gli specialisti. L'ex barman ha fatto ampio riferimento alla sua doppia relazione: quella intrattenuta con la compagna uccisa e quella con la collega di lavoro italo-britannica conosciuta nell'estate del 2022. "Io vivo dal vanto al vanto", ha spiegato con parole sue il 31enne allo psichiatra forense Pietro Ciliberti e al medico legale Gabriele Rocca. "Dal vanto che Giulia era la mia compagna, quella legatissima alla mia famiglia, quella con cui si facevano dei progetti futuri" e "si parlava di case, si parlava di vacanze, quella per cui io rientravo a casa e c'era la mia vita" fino al "vanto" dall'altra "parte" di "avere questo rapporto" con una ragazza a suo dire "cercata da tutti, la ragazza ambita da tutti" sul luogo di lavoro. Un rapporto solo "nella sfera lavorativa, nella sfera professionale" che "si chiudeva quando io mi allontanavo dal lavoro", ha aggiunto. "Quando rientravo a casa" lei "scompariva". Nel corso di altri colloqui in carcere a San Vittore, precedenti alla perizia, il 31enne ha anche espresso il "desiderio di studiare psicologia" perché "credo che l'aspetto psicologico mi abbia toccato".
"Sabato ero in Montenapoleone e ora all'ergastolo" "Penso che sabato scorso ero in Montenapoleone a bere un caffè e ora sono qui con un ergastolo". Sono le prime parole pronunciate in carcere a San Vittore da Impagnatiello l'1 giugno 2023, a poche ore dal fermo di indiziato di delitto che lo ha raggiunto per l'omicidio della compagna Giulia Tramontano avvenuto 4 giorni prima. Le annotano gli psicologi di San Vittore nel primo giudizio sintetico per valutare il rischio suicidario in cella dell'ex barman che lavorava presso l'Armani Cafè di via Montenapoleone-via Manzoni a Milano. Impagnatiello non mostra in quell'occasione nessuna "emozione visibile" e racconta "quello che ha fatto" ma "non sa spiegarsi il perché".
I periti: "Narcisista, lucido e rabbioso" Impagnatiello, scrivono i periti nella loro relazione, ha "tratti di personalità narcisistici e psicopatici", ma non "psicopatologici". L'imputato, dicono gli esperti, ha ricostruito la dinamica dell'omicidio della fidanzata con "piena lucidità, senza confusione". Secondo la sua logica, aggiungono, il giovane non poteva "accettare lo 'smascheramento' della sua doppia vita e ha manifestato "una dimensione 'rabbiosa'". I periti evidenziano inoltre come nella sua "storia sociale e professionale" non c'erano problemi di "natura psichica".
L'accusa Impagnatiello, accusato di omicidio volontario aggravato dalla premeditazione, dalla crudeltà, dai futili motivi e dall'aver ucciso la convivente, di interruzione di gravidanza non consensuale e di occultamento di cadavere, rischia la condanna all'ergastolo, dopo che ora è stato anche accertato che non ha vizi di mente.
"Non penso di essere pazzo" "Ho voluto credere di essere pazzo, ma non penso di esserlo", aveva detto nell'interrogatorio in aula il 31enne davanti ai giudici della Corte d'Assise di Milano (togati Bertoja-Fioretto), che hanno disposto la perizia nell'udienza del 10 giugno e che sarà discussa in aula il 21 ottobre. "Ero un vaso completamente saturo di bugie e di menzogne", aveva aggiunto, difeso dalle legali Giulia Geradini e Samanta Barbaglia, l'ex barman di un hotel di lusso a Milano, che conduceva una vita parallela, portando avanti una relazione anche con un'altra giovane. Le due donne si erano incontrate, qualche ora prima che Giulia fosse uccisa, come emerso dall'inchiesta condotta dai carabinieri del Nucleo investigativo di Milano.
Procura: capace di intendere Con la consulente psichiatra forense Ilaria Rossetti, la Procura ha sempre sostenuto la piena capacità di intendere e di volere dell'imputato, così come i familiari di Giulia, con l'avvocato Giovanni Cacciapuoti, che ha nominato gli psichiatri Salvatore De Feo e Diana Galletta.
"Scacchi" e bugie Lo psichiatra Raniero Rossetti, invece, che aveva firmato la consulenza difensiva, aveva sottolineato come l'ex barman si sentisse come uno "scacchista che doveva tenere sotto controllo tutti i movimenti della scacchiera", attraverso le bugie e gli inganni alle due donne".
Il feto "variabile fuori controllo" "Voleva sopprimere il feto, che rappresentava una variabile nella sua scacchiera - aveva scritto il consulente dei difensori -. Ciò che non riusciva a controllare era proprio il nascituro". La requisitoria dei pm, nel processo milanese, si terrà in un'udienza a novembre, dopo la discussione della perizia il 21 ottobre.