Vivere chiusi in casa, passando intere giornate sui social network e videogiochi, tagliando i ponti con il mondo reale. Questa vita, quella da hikikomori, interessa 50mila giovani italiani. Il dato è fornito dal ministro dell'Istruzione Giuseppe Valditara in seguito alla presentazione della "Relazione annuale al Parlamento sul fenomeno delle tossicodipendenze in Italia 2024".
Chi sono gli hikikomori In giapponese il termine hikikomori significa "stare in disparte" e viene utilizzato per descrivere un giovane che si confina volontariamente in casa, isolandosi dal resto del mondo per un periodo di almeno sei mesi. I comportamenti più comuni sono il rifiuto di uscire, di andare a scuola, a lavoro e il tagliare i contatti umani con gli amici e, a volte, anche con i genitori. Il mondo esterno viene sostituito da una bolla virtuale, fatta di social network, videogiochi e piattaforme di streaming. Il fenomeno è stato riconosciuto per la prima volta in Giappone negli Anni '90, in un libro dello psichiatra Saito Tamaki. La natura del comportamento rimane però ancora nebulosa. Per un lato della letteratura scientifica, la condizione di hikikomori dovrebbe essere considerata come un disturbo psichiatrico a tutti gli effetti. Opinione rigettata da altri esperti, che considerano il fenomeno come una sindrome culturale. Un punto di vista che, originariamente, aveva trovato forza nelle condizioni socio-culturali giapponesi, ma che ormai da tempo si è diffuso in tutto il mondo, Italia compresa.
Gli hikikomori italiani Le parole di Valditara hanno nuovamente acceso i riflettori sul fenomeno. I dati presentati sono preoccupanti e mostrano come la piaga nata in Giappone sia ormai comune anche nel nostro Paese. La condizione vissuta da questi 50mila ragazzi può avere conseguenze estremamente gravi. Depressione, ansia, disturbi dissociativi e autolesionismo sono solo alcuni degli effetti dell'auto esclusione sociale. Il ministro dell'istruzione, riprendendo i dati dell'ultimo rapporto OCSE, ha ricordato che un ruolo chiave è giocato dall'abuso del cellulare e dei social media che danneggiano anche l'attenzione e il rendimento scolastico. In seguito, citando uno studio UNESCO, Valditara ha sottolineato gli effetti dell'abuso del cellulare su fantasia e creatività. Tesi sostenuta da svariate analisi che testimoniano l'aumento di stati d'ansia, di depressione e di isolamento sociale legato alla dipendenza dai cellulari. A tutto questo, vanno aggiunte altre dinamiche della rete che favoriscono isolamento e disturbi psichiatrici. Come il cyberbullismo, di cui il 45% dei ragazzi dichiara di essere stato vittima, e il gioco d'azzardo, esperienza vissuta online da un milione e 300 mila ragazzi solo nel 2023.