Due medici dell'Aurelia Hospital di Roma sono indagati per la morte dell'attrice 28enne Francesca Carocci con l'accusa di omicidio colposo in ambito sanitario. Lo riporta l'edizione romana del Corriere della Sera, la quale aggiunge che i due dottori che hanno visitato la donna avrebbero scambiato un principio di miocardite per ansia.
Il caso Il 28 febbraio, l'attrice avrebbe avvertito una fortissima fitta al petto, all'altezza del cuore. Avrebbe avuto anche la febbre. Nel pomeriggio, sarebbe stata trasportata in ambulanza all'Aurelia Hospital. In ospedale, sarebbe stata sottoposta a una serie di controlli. Qualche ora più tardi, i medici l'avrebbero dimessa con un antidolorifico. "Veniva semplicemente confermata la stessa terapia già assunta in precedenza dalla paziente a domicilio", ha poi sostenuto l'Aurelia Hospital.
Carocci sarebbe poi tornata a casa, ma dopo un paio di giorni la situazione sarebbe precipitata. Questa volta le sue condizioni sarebbero state ancora più gravi. È così è scattata una nuova chiamata al 118. L'ambulanza l'ha portata nuovamente all'Aurelia Hospital, ma nel tragitto l'attrice avrebbe avuto un primo attacco cardiaco. Il personale sanitario sarebbe riuscito a rianimarla e l'attrice sarebbe arrivata viva al pronto soccorso. Qui però sarebbe subentrato un secondo malore che si sarebbe rivelato per lei fatale. I medici avrebbero tentano a lungo di rianimarla ma per la 28ennenon ci sarebbe stato più nulla da fare.
Dopo il decesso, i familiari dell'attrice hanno presentato denuncia. Dalla consulenza del medico legale incaricato dalla Procura di Roma, Luigi Cipolloni, emergerebbe che i risultati degli accertamenti effettuati alla ragazza necessitavano di un approfondimento.
L'ospedale romano ha espresso il "più sentito cordoglio" e fornito la sua ricostruzione dei fatti. All'accesso in pronto soccorso, il 28 febbraio, la paziente è stata sottoposta a "tutti gli esami ed accertamenti clinici, completi e approfonditi, richiesti per la sintomatologia presentata dalla paziente", ha sottolineato il nosocomio, assicurando che gli accertamenti, "accuratamente valutati dall'equipe di cardiologia della struttura, hanno categoricamente escluso una diagnosi di infarto miocardico acuto".
Poi ha precisato che è stata la stessa struttura sanitaria "a richiedere il riscontro autoptico a seguito del decesso". "Tuttavia, l'Aurelia Hospital – ha concluso il nosocomio - non è stata invitata allo svolgimento dell'esame autoptico e non è tuttora a conoscenza dei risultati, anche se può fin d'ora osservare come le notizie su alcune valutazioni attribuite al medico legale incaricato dalla Procura non siano assolutamente corrette".
Ora emergerebbe, sempre stando al Corriere, che, "secondo la prima diagnosi", il dolore al petto sarebbe stato collegato "a uno stato d'ansia".