"Mi sento che mi deve uccidere". Maria Turturo, la donna assassinata dal marito Giuseppe Lacarpia a Gravina in Puglia (Bari) dopo essere stata chiusa nell'auto in fiamme, lo aveva confidato pochi giorni prima ad Antonella, una delle figlie. Da tempo aveva paura di quell'uomo con cui ancora viveva, probabilmente perché non era economicamente indipendente. E sui social scriveva post in cui esprimeva tutta la sua angoscia come "Il mondo non si accorge della tristezza a volte soffocante delle madri".
Il racconto prima di morire L'aggressione mortale che la donna temeva dall'uomo che le viveva accanto è arrivata nella serata di domenica 6 ottobre. E anche in quell'occasione, prima di morire, Maria a un poliziotto, e poi alla figlia, ha detto: "Mi voleva uccidere, mi ha messo la mani alla gola. Mi ha chiuso in macchina con le fiamme".
Il video e l'auto in fiamme Una versione che sarebbe confermata da un video di 15 secondi girato da due fidanzati che casualmente si trovavano nel luogo in cui è avvenuto il femminicidio. Lungo la strada vicinale dei Pigni l'uomo avrebbe chiuso la donna in auto e dato fuoco alla vettura. Quando la moglie, nonostante le ustioni, era riuscita a uscire, l'avrebbe bloccata e aggredita.
Lunga serie di violenze Il tragico epilogo è arrivato dopo una lunga serie di violenze dell'uomo contro la moglie, finita spesso in Pronto soccorso a causa delle aggressioni del marito. Lacarpia aveva diversi precedenti penali: in passato era stato arrestato anche per aver accoltellato il figlio, intervenuto per difendere la madre. E la figlia della donna avrebbe raccontato: "Papà la picchiava. Lei se ne andava, ma poi si faceva convincere a tornare da lui". Spesso Maria andava a dormire a casa delle figlie. "Ma i dottori - ha messo a verbale una di loro - le avevano detto che doveva stare un po' dietro a papà, non lasciarlo da solo. Lei però aveva paura e voleva andare via". Andato a processo anche per maltrattamento di animali, a gennaio era stato dichiarato incapace di stare in giudizio e gli sarebbe stata riconosciuta un’invalidità per sindrome depressiva.