Ismail Haniyeh, ucciso da un raid a Teheran, aveva 62 anni e dal 2017 era il capo politico di Hamas. Soprannominato Abu Abed, era nato in un campo profughi di Chatti, vicino Gaza, da una famiglia originaria della città di Ashkelon, nel sud di Israele, costretta poi a fuggire. Dal 2019 viveva a Doha, in Qatar (che gli aveva dato l'asilo politico), e in questi giorni si trovava a Teheran per partecipare alla cerimonia di insediamento del residente iraniano Masoud Pezeshkian.
Gli studi e i mesi in carcere Da giovane aveva studiato all'istituto al-Azhar, finanziato dall' Agenzia dell'Onu per i rifugiati palestinesi, e si era laureato in letteratura araba all'Università islamica di Gaza. Nel 1983 aveva aderito al Blocco Studentesco Islamico considerato un precursore di Hamas.
Aveva scalato i ranghi del movimento diventando stretto collaboratore del co-fondatore, il defunto sceicco Ahmed Yassin. Durante la prima Intifada era stato più volte imprigionato dalle autorità israeliane: aveva scontato 18 giorni di carcere nel 1987, sei mesi nel 1988 e tre anni a partire dal 1989. Nel 1992 era stato nuovamente arrestato e deportato assieme ad altri nel sud del Libano, tornando poi a Gaza.
Gli attentati falliti e l'uccisione dei tre figli a inizio 2024 Nel 1993 era tornato a Gaza diventando preside nell'Università Islamica. Negli anni era sfuggito a vari attentati. La sua carriera politica lo ha visto occupare il ruolo di Primo ministro dell'Autorità nazionale palestinese dal 2006 al 2007. A causa delle forti tensioni interne - tra Abu Mazen e Hamas - fu quindi incaricato di costituire un governo di unità nazionale che però ebbe vita breve e si concluse con la presa della striscia di Gaza da parte di Hamas. Era sposato e aveva avuto 13 figli, tre dei quali sono stati uccisi durante un raid israeliano all'inizio dell'anno.